I norcini della Rotonda
Che Roma sia una fonte inesauribile di monumenti e opere d’arte, non ci sono dubbi, ma uno degli aspetti meno conosciuti della città, sono i personaggi e le storie , curiose e non, , che unitamente ai luoghi in cui i fatti si verificarono, rappresentano un unicum nella storia della nostra città. L’articolo è incentrato sulla storia di due personaggi, dei quali oggi non rimane memoria nei romani, tranne che in quelli non più giovanissimi, e in avanti con gli anni.
In questo Articolo:
Il Pantheon e la bottega dei due Macellai
Chi tra i lettori non conosce piazza del Pantheon, meglio conosciuta dai vecchi romani, come Piazza della Rotonda, alzi la mano. Ma quasi certamente pochissimi avranno notato la targa marmorea fatta sistemare da Papa Pio VII Chiaramonti, (fig.1) sulla facciata di uno dei palazzi che fronteggiano il Pantheon che sovrasta la porta di un ristorante (fig.2 ), il quale per salvaguardare il decoro di uno dei più suggestivi angoli di Roma, decise di eliminare l’”odiosa bruttezza” e far letteralmente piazza pulita delle “ignobili taverne” che rendevano quasi impraticabile la piazza.
Tra quelle taverne, all’epoca di papa Urbano VIII, al secolo Maffeo Vincenzo Barberini, ce n’era una che avrebbe fatto la gioia di un regista dell’horror come Dario Argento. Era la bottega di due macellai che, dal paese dal quale proveniva la maggior parte di essi “Norcia” , erano appellati “Norcini” dai romani.
Poiché in ogni tempo c’è sempre qualcuno che per sete di guadagno, manipola la merce che poi vende, al fine di evitare queste sofisticazioni, c’erano nella città delle corporazioni, denominate “università “, tra le quali quella dei norcini, che aveva lo scopo di sorvegliare la lavorazione delle carni insaccate, al fine di evitare frodi e sofisticazioni.
I contravventori venivano severamente puniti e banditi dallo Stato pontificio. Tuttavia bisogna ricordare che all’epoca i “Norcini” e i “salcicciari” potevano trattenersi a Roma soltanto nel periodo da Ottobre ad Aprile.
I due Norcini del Pantheon
Dicevamo dunque dei due norcini, le cui salsicce erano rinomate in tutta Roma per la loro bontà ed erano ricercatissime dai cuochi dei prelati, che avevano fama di essere buone forchette.
Queste salsicce apprezzatissime, venivano preparate “davanti al cliente “, e c’erano molte persone che volevano togliersi il gusto e la curiosità di vederli al lavoro, nel sotterraneo ove essi lavoravano le carni.
Ma e proprio qui, ove il cliente osservava uno dei norcini mentre era intento al suo lavoro, che l’altro lo colpiva con una gran mazzolata alla nuca tramortendolo. Poi , insieme, dopo averlo scannato lo facevano a pezzi, bruciavano i vestiti le ossa, la testa, mentre mescolavano tutto il resto alla carne di maiale, per farne le loro squisite salsicce.
Si narra che in meno di due mesi, almeno tre persone fecero una brutta fine, due cuochi ed un facchino di cui non si ebbero più notizie.
Con il primo, cuoco del Cardinale della Gueva, ai norcini andò bene, perché egli aveva annunciato ad amici e conoscenti che sarebbe andato via da Roma, e nessuno quindi lo cercò, anche perché vivendo egli con un nipote, la sua roba era rimasta in casa di quest’ultimo, dando così l’impressione che potesse tornare da un giorno all’altro.
Andò loro bene anche con il secondo, il facchino, il quale dopo la morte della moglie era andato ad abitare con un cugino. Costui, ne denunciò la scomparsa, ma poiché non ci furono denunce, ne indizi,che potessero far dubitare il peggio, si pensò, che anch’egli fosse tornato al proprio paese.
Non andò loro bene, con il terzo, un cuoco fiammingo, che lavorava presso un alto prelato in via Ripetta. Egli aveva lasciato un suo amico all’osteria dicendogli che si sarebbe recato a comperare le rinomate salsicce e che sarebbe tornato di lì a breve.
Preoccupato per l’inaspettato ritardo del suo amico, egli andò a cercarlo nella bottega dei due norcini, ricevendo da questi ultimi, un brutto trattamento, insospettitosi, egli li denunciò e nelle perquisizioni che ne seguirono a seguito della denuncia, vennero ritrovati resti umani. Il giovane garzone impaurito rivelò la loro provenienza, ed uno dei norcini, per non essere torturato, confessò.
La fine dei Norcini
Il Papa Urbano VIII, condannò a morte i due norcini proprio davanti al Pantheon: vennero uccisi, sgozzati e squartati con l’ascia da un altro sopraffino maestro nell’arte della macelleria, il boia pontificio (fig 3).
Fatti veri o leggende?
Questa è la storia che si racconta, e che rimase viva nella memoria dei romani . Il lettore si chiederà: si tratta di fatti realmente accaduti, o soltanto di dicerie popolari ?
Nelle cronache giudiziarie del tempo, vi è un unico accenno alla vicenda dei norcini cannibali. Si trova in un testo del 1883 di David Silvagni, che al riguardo cita però alcuni fascicoli manoscritti dell’abate Benedetti:
Tali fascicoli parlano di Fatti antichi avvenuti in Roma, e riguardano la storia dei più famosi misfatti e delle più celebri giustizie, tra i quali è narrata la «esecuzione di giustizia comandata da Papa Urbano VIII l’anno 1638 eseguita nella piazza della Rotonda, nella quale furono accoppati, scannati e squartati due empi scellerati norcini che condivano la carne porcina con la carne umana».
Si tratta dunque di fatti veri oppure di una leggenda, magari nata esagerando degli avvenimenti reali ? Non abbiamo una risposta definitiva, e in fin dei conti non ha una grande importanza averla oggi. Resta soltanto una storia macabra ai limiti dell’horror, ma che rende ancora più interessante la storia di questa città unica che è Roma.
Alla prossima da Roberto Mobili